Assegno Unico Universale: requisiti e riflessioni

Assegno Unico Universale

L’Assegno Unico Universale è una misura  economica a sostegno delle famiglie con figli a carico,  istituita con la Legge Delega 46/2021 ed  entrata in vigore dal  1° marzo 2022.

Ad oggi, salvo alcuni casi particolari specificati dall’INPS, per i nuclei che già ne hanno beneficiato nel periodo dal 1° marzo 2022 al 28 febbraio 2023,  non è necessaria  un’istanza di rinnovo, ma solo un ISEE valido 2023 per mantenere la quota mensile commisurata alla fascia economica del nucleo; per i nuclei, invece, che iniziano a percepire l’Assegno Unico nel 2023, serve  l’inoltro della domanda specifica.  Non sarà obbligatorio l’ISEE, anche se in assenza di esso si avrà d diritto solo all’importo minimo  previsto In altre parole, se la famiglia al momento della domanda è in possesso di un ISEE valido,  l’importo spettante dell’assegno varierà in base alla situazione economica attestata dall’indicatore economico:  in pratica più è basso l’ISEE, più alto sarà l’assegno, e viceversa.

La definizione “Assegno Unico Universale” deriva dalla considerazione che, con un’unica e universale prestazione economica erogata a tutte le famiglie con figli fiscalmente a carico fino a 21

anni, vengono rimpiazzate altre prestazioni come:

L’ Assegno  viene corrisposto a domanda dell’interessato, salvo per i percettori  del Reddito di Cittadinanza per i quali avviene in automatico fino al 31 12 2023, data in cui cesserà la fruizione del citato sussidio. Dopo tale data, i nuclei che avranno diritto all’ Assegno Unico Universale dovranno inoltrare un’autonoma domanda.

 

L’assegno viene erogato:

  • per ogni figlio minorenne a carico, già a decorrere dal settimo mese di gravidanza;
  • per quanto riguarda invece i figli maggiorenni, l’assegno continuerà ad essere erogato fino all’età di 21 anni, ma a condizione che il figlio rientri in una delle seguenti casistiche:
  1. frequenti un corso di formazione scolastica o professionale o un corso di laurea;
  2. svolga un tirocinio o un’attività lavorativa e percepisca un reddito annuo complessivo inferiore a 8.000 euro;
  3. sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
  4. svolga il servizio civile universale.

 

Dopo i 21 anni, se il figlio risulta ancora a carico, vengono applicate le classiche detrazioni fiscali.

Vi è poi il caso dei figli disabili a carico per i quali l’Assegno “eluderà” le regole ordinarie sopra descritte, e quindi verrà erogato senza limiti di età.

Al momento della presentazione della domanda, e per tutta la durata del beneficio, il richiedente deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

  •  cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o sia titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi;
  • assoggettamento al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  •  residenza e  domicilio in Italia;
  •  residenza in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, o titolarità di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno pari a sei mesi.

Non è prevista nessuna limitazione sul piano dei requisiti economici, quindi tutte le famiglie con figli a carico fino ai 21 anni avranno diritto all’erogazione dell’assegno indipendentemente dal loro reddito e dall’ISEE. Pertanto né il reddito né l’ISEE costituiscono dei parametri per distinguere gli aventi diritto dai non aventi diritto all’Assegno Unico Universale.

 

L’intento principale del legislatore nel prevedere   tale  prestazione  assistenziale  a vocazione  universalistica, appare che  sia quello di sostenere il reddito  dei nuclei familiari, più che incentivare  le giovani coppie a procreare,  per supportare  la genitorialità e  stimolare l’occupazione femminile, come era stato dichiarato  nella L. delega n 46 del 1.04.2021.

La misura in esame desta un costante interesse da parte del legislatore, tanto è vero che è entrata  appena nella sua seconda  annualità ed  ha subito già delle modifiche, l’ultima attuata dal D.L.  4 maggio 2023, convertito con modificazioni nella L.  3 Luglio 2023 n.85, che ha previsto delle maggiorazioni  per i nuclei familiari vedovili, ma non ha eliminato alcune disparità di trattamento .

Di seguito si propone una panoramica sulla modifiche più   cruciali che si sono succedute dall’entrata in vigore   della prestazione.

La L. 4 agosto 2022  n 122 ha aggiunto, all’ art.2 del D. lgs n 230/ 2021,   la lett. c-bis  che estende l’ambito  di applicazione  dell’assegno,  in caso di nuclei familiari orfanili, ad ogni orfano maggiorenne a condizione che sia già titolare di pensione ai superstiti  e  riconosciuto con disabilità grave ai sensi della  legge 5 febbraio n104.

L’ articolo 5 è stato integrato della precisazione che ”nel caso  di nuclei con almeno un figlio  a carico con disabilità, gli importi della maggiorazione di cui al comma 1 sono incrementati di 120 euro al mese  per l’anno 2022”. Tale previsione successivamente è diventata strutturale.

Ma l’attenzione del legislatore si è concentrata principalmente sull’ art.  4  del D. lgs 230/2021 che riguarda i criteri  per la determinazione dell’assegno.

L’art. 4 in origine prevedeva che l’importo dell’assegno fosse di 175 euro per ciascun figlio minorenne appartenente ad un  nucleo familiare con ISEE fino a 15000 euro, con una  diminuzione progressiva  nei casi di ISEE superiore a tale reddito   e fino a 40.000 euro, per poi  definitivamente assestarsi a 54,00  euro  nei casi di ISEE superiori a  40 .000 o nei casi di mancata presentazione dell’ISEE.  Accanto a questi dati  di base, si disciplinavano  casi specifici  in cui operare delle maggiorazioni, per ciascun figlio successivo al secondo (comma 3),  per figli disabili con una modulazione dell’importo in base alla gravità dell’handicap o dell’età (commi 4,5,6), per ciascun figlio nato da madre  con età inferiore a 21  anni(comma 7), per ciascun figlio minorenne  nel caso in cui  entrambi in genitori fossero titolari di reddito di lavoro (comma 8), per i nuclei familiari  con 4 o più figli( comma 10).

Sicuramente in riferimento ai commi  3,4, 5, 6  e 10  la ratio  che guida il legislatore è la volontà di  far fronte al maggior carico familiare, anche caratterizzato dalla presenza  di un  figlio disabile. Invece al comma 7, viene considerata la presunzione   del caso di bisogno in cui verserebbero i figli di una madre minore di  21 anni, situazione rara visto che l’età media  al parte è superiore ai 32 anni.

La maggiorazione prevista dal comma 8 per i figli minorenni che abbiano entrambi genitori titolari di reddito da lavoro, non sembra legata ad  uno stato di bisogno,  ma, come precisa la stessa INPS, essa aspira ad essere  una “ incentivazione  all’occupazione  dei genitori  del medesimo  nucleo familiare”.

La  conseguenza  che ne deriva, ovvero  che tale misura verrebbe negata al nucleo familiare  con un solo genitore , seppur lavoratore, appare fortemente discriminatoria.

L’ultima modifica prevista dal D.L. N.48/2023 convertito in L n.85/2023 art. 22 ha tentato di  eliminare la disparità di trattamento tra figli  appartenenti a nuclei monogenitoriali  e bigenitoriali  creata dalla destinazione  della maggiorazione di euro 30  mensili per ciascun figlio solo se entrambi i genitori  siano titolari di reddito  da lavoro.  La nuova formulazione della norma prevede che  la maggiorazione possa essere prevista anche per il nucleo monogenitoriale, laddove l’altro genitore sia deceduto; la durata della fruizione  è di 5 anni dal decesso del genitore, nell’ambito  del limite di durata dell’assegno.

In sintesi, l’art 22 ha  tentato di rettificare la  disparità di trattamento tra minori con entrambi i genitori viventi e percettori di reddito e minori con un solo genitore, ma  In realtà le inspiegabili differenze restano in riferimento alla durata della fruizione, per alcuni prevista per 5 anni  successivi al decesso del genitore, mentre per gli altri  vige  solo il rispetto  del generale periodo massimo di godimento, ovvero la maggiore età, o 21  anni se ricorrano particolari  condizioni, o senza limiti di età  se sussista la disabilità. Altra anomalia è   costituita dalla mancata considerazione  di minori con un solo genitore perché non riconosciuti dall’altro. La disparità di trattamento tra nuclei vedovili e  monoparentali non vedovili  comporta  anche  una  discriminazione verso  persone omosessuali, vista la ricorrente  impossibilità giuridica  del “genitore d’intenzione”   di realizzare il riconoscimento o l’adozione.

Più di ogni altra incongruenza,  la differenza  di trattamento tra minori con genitori che percepiscono redditi di lavoro e  minori facenti parte di  nuclei familiari  in cui  uno o entrambi  i genitori non percepiscono redditi da lavoro, fa riflettere sulla    natura stessa  dell’ assegno unico universale , ovvero   se esso  costituisca uno strumento  prioritariamente diretto al sostegno della natalità  e genitorialità  o se  rappresenti  un elemento di promozione  dell’occupazione, soprattutto  femminile.

Considerando i criteri e principi direttivi, l’obiettivo primario sarebbe l’incentivo alla natalità ed il sostegno alla genitorialità, coerente  con la fase di  inverno demografico in  corso , e solo secondario  ed indiretto è l’intento di promuovere  l’occupazione, poiché   viene negata  la prestazione a nuclei composti da persone, principalmente donne, inattive. Stabilito che il fine sia il sostegno alla genitorialità, appare ancora più incongruente  riconoscere una maggiorazione, seppur di sole 30,00 euro, ai  nuclei con entrambi i genitori  reddito di lavoro e non  ai nuclei che non percepiscono reddito, poiché proprio questi ultimi sono più di tutti a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Dall’analisi di dati statistici forniti dall’Inps e dall’Istat si evincono considerazioni interessanti: la platea dei nuclei beneficiari è raddoppiata rispetto a quanto accadeva negli anni passati con la vecchia misura dell’assegno per il nucleo familiare; la spesa è aumentata vertiginosamente; quasi un quarto della popolazione è a rischio povertà ed esclusione sociale; sempre più ampio il divario  tra ricchi e poveri e tra le diverse aree  geografiche. Pertanto, l’Assegno unico, seppur nato con lo scopo di favorire la natalità di sostenere la genitorialità e promuovere l’occupazione femminile, nella sostanza ha l’intento di   realizzare i dettami dell’art. 36 della Costituzione, ovvero di assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera ed un tenore di vita dignitoso.